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non me ne restava per la forma. Io non ho badato che a questo: che il lettore potesse capir bene ciò che volevo dire, affinchè potesse giudicar bene, pensando un pò anche lui, se avevo torto o ragione. Per esempio, se trovo una espressione che, bella o brutta, mi sembri giusta, io non la cambio per essere elegante; l’adopero cento volte, se occorre.

E forse devo chiedere scusa anche di una certa prolissità. Dico forse, perchè col pensiero non posso mettermi esattamente nella posizione del lettore, e quindi non posso sapere se ho detto più o meno di quello che era necessario perchè egli capisse. Un libro è come una lente di cui non si possono determinare esattamente i due fuochi (il mio e quello del lettore); e poi non posso sapere se il lettore è miope o presbite, e di che lente abbisogni. Ma, se il lettore è già al corrente degli studi su questo argomento, non avrà che a saltare a piè pari qualche capitolo; solo gli raccomando di non saltare l’ultimo, nel quale il libro è condensato e riordinato Se poi non ha mai letto nè visto nulla, non si lagnerà d’aver consumato un’ora di più per ottenere qualche schiarimento più chiaro intorno alla più importante di tutte le questioni: se torni il conto di vivere. Non dovrebbero lagnarsene che quelli che dicono: A che mai potrebbe servire lo spiritismo? Ghosts pay no dividends. Ai quali non posso rispondere se non che, secondo un antichissimo filosofo indiano, gli uomini differiscono dalle bestie in quanto pensano al domani (viduh çvastanam); il che mi suggerisce questo pensiero