di compassione che di severa sentenza. Come adunque una gentile et valorosa donna smisuratissimamente amando, ai suoi amorosi desideri desse fine, mi piace di narrarvi. Nella nostra città, d’accidenti d’amore più copiosa assai d’ogni altra che oggi nel mondo sia, fu, non è ancora molto tempo passato, una nobile donna et bella nominata Lisabetta, la quale d’un suo marito vedova rimasa, un figliuolo aveva senza più, d’età d’un quindeci anni, bellissimo et leggiadrissimo quanto alcuno altro fosse in Vinegia, del quale la madre sì fieramente di carnale et lascivo amore era innamorata, che ella mai bene alcuno non aveva, se non tanto quanto il figliuolo vedeva, o di lui pensava, et tanto più malagevole a tollerare era questo amore alla gentile donna, essendo ella onestissima, quanto men se le conveniva scoprirlo. Onde di giorno in giorno crescendo le bellezze et i lodevoli costumi del figliuolo, crescevano parimente le amorose fiamme nel cuore della madre, la qual conoscendo questo suo desiderio non solamente esser