sato M. Giulio de’ Carbonesi non ne fosse stato cagione; il quale ad una festa in casa del cavaliere de’ Catanei volle, ballando con monna Lucrezia de’ Conti di Canedolo, che ’l diavolo l’accecasse; di che ella accortasi, la mano tirata a sè, finito ’l ballo a sedere andatasi, quella sera più non volle ballare. Et essendo oonvitata, presente il marito, per la seguente sera, con rigida viso negò d’andarvi. Onde essendo dal marito dimandata per che cagione andar non vi volesse, la cosa tutta gli raccontò. Il marito, che ’l più avveduto nomo del mondo non era, non sapendo forse quanto mal sicuro sia il mostrar l’ossa a’ cani, volle che ella v’andasse; et datole uno anello, nel quale era legato un diamante in punta, le commise che se M. Giulio la mazza dalle mele in mano le ponesse, ella, volto l’anello con la punta verso la palma, quella strignesse senza rispetto alcuno; perciocchè egli con molti de’ suoi parenti et amici vi sarebbe, et non si dubitasse di cosa veruna. Andata dunque M. Lucrezia alla festa, et cedendola Messer Gialio tutta bella et gio-