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venire facendo il nome d’un fedele et valoroso amante, et alle volte d’un gagliardo et leggiadro cavaliere; et a quelle, che più dure et più rubelle gli sono, in altra forma mostrandoti, come nella presente novella vi fia mostrato. Onde debbiamo credere il peccato della carne appresso Dio esser più degno di mercè d’ogni altro, et forse, come dicono li Franceschi, che e’, non sia nel numero de’ peccati mortali.

Fu adunque in Bologna un gentile uomo de’ Bentivogli, chiamato messer Ermete, gagliardo et valoroso molto, il quale essendo innamorato d’una bella et vaga donna, lungo tempo ogni opera fece, che a gentile et prode cavaliere s’appartenga di fare, per acquistare la grazia di lei: ma tutto in vano. Onde egli quasi disperata impresa parendogli avere alle mani, del tutto se ne levò, et a cacciare, a giurare, ad uccellare et ad altri piaceri si diede, sperando per quella via poter la noia et la passione d’amore levarsi d’addosso. Ora avvenne, colà di gennaio essendo, che in casa de’ Pepoli una sera si fece una bella festa et