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tuo acconcio, e a tuo proposito, come se proprio nostro fratello fussi stato. Bene sapevamo che la tua servitù meritava esser guidardonata da fedel servidore, ma non già da parente: ma poichè così ti è piaciuto, sia con Dio. Alle quali parole Galeazzo pieno d’isdegno, rispose: M. Angelo, et voi M. Alberto, non poco mi ho a dolere di voi, non aspettando io d’un tanto beneficio una sì fatta ingratitudine riportarne, dolendovi di me, come di un vostro rubello. Et che non da servidore, ma da fratello mi sia diportato, rispondo, che non solo da fratello, ma da padre amendui vi ho trattato et giovatovi. Et di me vi rammaricate in cotal guisa, avendovi io, col mio ingegno et amor che vi porto, recuperato il valore d’intorno a dodici mila ducati; e per avermene io fatto parte di duo mila, così agramente vi dolete; cosa che far non dovresti, tutto che mai ch’io non avessi avuta altra servitù con voi, ma solamente avervi levato di tanta angustia et affanno. Ma poich’io ho inteso la discortese openione vostra contro me dital talento, io vi chieggio buona licenza,