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qual cosa rempaurito et come morto si stava. Ma quello che più gli fece raddoppiare la paura, fu una lamentevole voce, che ansando, diceva: ohimė! ohimè! Per la quale si pensava che fusse qualche spirito diabolico. Ma il cielo mai non abbandona che solo li desperati. Poichè la voce fu cessata, sentì, ma non vide così di subito, ivi dentro intrare una persona, et dopo quella un’altra con il calpistio de’ piedi, soffiando et scuotendosi l’acqua da dosso. Et questi duo, l’uno era un frate, del quale, per non vituperare il resto di loro, passaremo con silenzio chi fusse sua religione, l’altra persona fu una femmina, la quale un paniere in testa si portava. Onde giunti che furono, il frate misse mano a uno acciaiuolo che seco si portava, et facendo del fuoco, accese un moccolo, et con alcune canne et pezzi di tavole ch’erano ivi, si fece un ampio fuoco. Dappoi con il lume lo speciale conobbe ch’egli era un frate, et l’altra una bellissima giovane. Dopo il buon frataccione, recatosela in grembo, più di mille