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IV.

Queste coiisiflenixjoni iiìinostrano che sarebbe perfettamente imitile volere determinare in che cesa consistano propriamente la raf-ione e la vita secondo ragione: esse ci additano tuttavia abbastanza chiaramente in quale indirizzo noi dobbiamo ricercai-lsi. La scliiavitù dell’uomo agli istinti ed alle tendenze animali che in lui asserviscono spesso anche l’intelligenza è dovuta ad una limitazione del suo orizzonte spirituale; l’uomo non desidera e non segue come un automa dei beni che noi secondo la ragione giudichiamo inferiori e vani se non perchè il suo spirito non sa levarsi al disopra di quella ristretta cerchia d’idee che la vita gli ha formato intorno come una barriera.

L’esperienza del mondo agisce in questo rispetto come una liberatrice: essa ci fa passare come attraverso a tante vite diverse, ci fa vedere successivamente le cose sotto i molteplici aspetti che l’impetiio.<!a giovinezza non discerne, rende il nostro sguardo più comprensivo e più sicuro, la nostra azione più equilibrata e più saggia. Ma l’esperienza della vita non basta. Tanto più il pensiero e l’azione sua meriteranno il nome di ragione quanto più egli saprà elevarsi ad un punto di vista universalmente umano, nel quale concordino le esperienze di tutte le condizioni e di tutte le umanità pensabili: quanto più cioè egli sajjrà realizzare nel pensiero e nell’azione una stabilità ed un’unità che nessun nuovo sentimento, nessuna nuova esperienza po.ssano sensibilmente alterare. E questo è anche ciò che nella vita quotidiana, sebbene in un grado molto inferiore, noi diciamo ragione.

Noi diciamo <;he l’uomo agisce tanto più ragionevolmente (juanto più egli sa tenere presenti al suo spirito nelle ore della tristezza i motivi della gioia e nelle ore della gioia i motivi della tristezza: quando di fronte al male sa scorgere il bene, quando di fronte al bene sa scorgere il male; quando la pietà non fa velo in lui alla giustizia e tutte le volontà sue cooperano armonica