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all’altre succedendosi, alle 8 della sera di quel giorno ne furono contate sette; e quindi giunsero fino ad 11, onde sembrava il Vesuvio come melogranato aperto. Cotali bocche erano messe quasi in una linea di basso in alto dalla parte del Settentrione, indicando, che il Cono del Vesuvio erasi squarciato di fianco per una fenditura dalla cima alla base. Le superiori non vomitavano che poco fuoco, che quasi impetrivasi giunto alla base del monte; ma le inferiori vomitavano sì abbondante materia, e congiungeansi per modo da formare un’ampia lava di fuoco, la quale cadendo a piombo dall’alto in una rupe verticale di tufo formava una cascata meravigliosa di fuoco, che gettavasi nel fosso della Vetrana, così nominato dalla Chiesetta di S. Maria della Vetrana o Veterana, investita dall’Eruzione del 1786; e dopo aver quasi riempito tale fosso della lunghezza di circa un miglio, ed essersi elevata ad un’altezza di 100, ed anche 300 palmi, occupava anco il fosso detto di Faraone alquanto sottoposto al primo, formando ancora un’altra splendidissima cascata.

Proseguendo lento, ma minaccioso il suo corso accennava, che avrebbe recato incalcolabili danni a’ coltivati terreni e paesi, che giacciono presso quelle falde; ma la Dio grazia fervidamente invocato dalle lagrime dei minacciati paesi, l’infocato torrente la mattina del 9 maggio, dopo esser disceso nel fosso di Faraone, piegò a sinistra sulle terre di Apicella; e dopo avere con incredibile celerità distrutto selve, alberi, e campestri abituri precipitossi nel fosso di Turricchio, dal quale sembrava accennare di volere distruggere S. Giorgio a Cremano. Ma il Comune di Cremano diretto dal pio suo parroco, e fidato nella protezione