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della vostra armata in Italia, che adottiate un sistema che vi possa procacciare degli amici, tanto dalla parte dei Prìncipi, che da quella dei popoli. Diminuite il numero dei vostri nemici. L’influenza di Roma è incalcolabile. Si è fatto malissimo a romperla con questa potenza; tutto ciò serve al loro vantaggio. Se io fossi stato consultato di tutto ciò, avrei ritardato il trattato di Roma come quello di Genova, e Venezia. Allorchè il vostro Generale in Italia non sarà il centro di tutto, incorrerete in grandi pericoli. Non attribuite all’ambizione questo linguaggio; io non ho che troppo di gloria, e la mia salute è talmente rovinata, che credo essere obbligato a domandarvi un successore. Non posso più montare a cavallo, non ho altro che coraggio, che è insufficiente in un posto come il mio. Tutto era preparato per l’affare di Genova; ma il cittadino Faypoult ha pensato che bisognava indugiare. Attorniati da popoli che fermentano, la prudenza vuole che ci conciliamo quello di Genova fino a nuovo ordine.

Ho fatto scandagliare la corte di Torino per mezzo del cittadino Poussielgue; ella è decisa ad una alleanza. Continuo questo trattato. Truppe, truppe, se volete conservare l’Italia.




Roma, li 19 vendemmiale anno 5 (10 Ottobre 1796)


LVII - Al General Bonaparte.


Io agisco nel senso che mi avete indicato. Il nipote del Papa, il più interessato perchè Sua Santità ottenga la pace, e che si era impiegato per calmare suo Zio, è grande amico di Gnudi, che firmò il trattato di tregua. Ho voluto servirmi di Gnudi per fare intendere che non si doveva riguardare come disperato un accomodamento; ma Gnudi ha risposto che anco il Nipote del Papa aveva le stesse idee degli altri, e che non gioverebbe il parlarci. Io ho preso col Cardinal Segretario di Stato tutti i giri possibili per insinuare la verità pal-