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ciata nel suo focolare; a Milano, sempre ignara di ogni viltà: a Milano da cui mossero tanti esploratori di terre lontane quando altri neppure pensavano ad esplorare, a Milano che dai suoi piani spinse tanta onda di energia alle imprese marinare sempre guardando ai destini dei mari d’Italia.
Voi avete ricondotto qui, risuscitato per opera di arte mirabile, non un guerriero, ma i guerrieri di Legnano, che combatterono nei secoli andati la più alta e significativa battaglia nazionale.
Io vi ringrazio del dono. Esso rappresenta il guerriero prediletto fra i penati del focolare lombardo. Ma voi non lo traeste innanzi a me soltanto per farmene dono, ma perchè dinanzi a me si rinnovi il giuramento del popolo e del Governo: il giuramento che scacciò dall’Italia Federico Barbarossa, antenato e maestro d’ogni vecchia e nuova barbarie.
Quell’imperatore selvaggio cosparse di sale il vostro suolo italianamente sacro; ma il vostro suolo mentre non s’isteriliva nella maledizione del barbarico rito, converse quel sale in seme fecondo da cui germogliarono e fiorirono le generazioni lombarde sempre vigorose e pronte a dare all’Italia gagliardia di magnanime imprese ed esempio di generosi olocausti.
La lotta che oggi si combatte, è, direi quasi, lotta vostra, come proseguimento delle cinque giornate. Voi l’avete detto, Senatore Mangiagalli: Legnano e le cinque giornate sono l’orifiamma che conduce oggi i nostri guerrieri alla vittoria.
Nelle cinque giornate ai padri vostri impressero sul loro emblema: “Italia libera, Dio lo vuole „: Noi oggi