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io parlo rammentando qui l’unione di opere, che deve condurre la Patria italiana alla vittoria.

Oggi del grande Estinto fu detto nell’aula dell’Università com’egli abbia assistito, raggiante, al discorso fatto qui in Napoli dal ministro Barzilai, per dimostrare la giustizia della nostra guerra.

Or bene io penso che, com’Egli, corporalmente, era raggiante in quel giorno, sia oggi ancora raggiante spiritualmente e risorga in mezzo a voi per dirvi: Io sono sceso nel sepolcro, ma il mio spirito di napoletano italico non deve morire in mezzo ai miei concittadini ed alla mia città.

Oggi visitai alcune delle istituzioni, che provvedono ai feriti della nostra guerra, che sovvengono alle famiglie dei richiamati, ed ammirai tali istituzioni; le ammirai tanto più, che in parte esse si ricollegano ad antiche e nobilissime istituzioni vostre, onde si direbbe che ora tutte si ravvivino per i nuovi scopi. Alcune sono sostenute dal contributo della Camera di Commercio, il che vuol dire che sono sostenute dal contributo di chi lavora per la prosperità di Napoli. E così accade che le antiche tradizioni della vostra beneficenza paesana, ed i profitti del vostro lavoro si congiungono nell’opera santa di sopperire alle nuove necessità della Patria nostra. La quale, per conseguire la vittoria, abbisogna sì di quei combattenti meravigliosi di Napoli e del Mezzogiorno, nei quali sono i giovani più eletti d’ingegno: ma sono ancora i meravigliosi lavoratori delle campagne del Mezzogiorno di questa terra, che non ancora potè dare ai suoi figli tutta la felicità che essi meritano, ma i cui figli già diedero all’Italia tutto il loro sangue.