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promessa in tutta la sua giusta, precisa ed intera espressione. (Vive approvazioni). Così mi è grato rispondere alle alte considerazioni del senatore Mazziotti.
Io non discuto l’art. 10 dello Statuto, che anche in Piemonte fu molto discusso e variamente interpetrato. A che aprire lo Statuto, per dimostrare quanta dignità abbia il Senato italiano: con quanta competenza egli possa esercitare il suo alto ufficio legislativo e parlamentare in tutte le parti della nostra legislazione? Non è solo per l’art. 10 dello Statuto, è per la sapienza vostra, per il rispetto che meritate, per l’opera che avete sempre dato per la patria che il Governo userà verso il Senato tutti quei riguardi che non sono solamente nel desiderio vostro, ma corrispondono a un vostro diritto e al dovere del Governo.
Nè io do altre assicurazioni al Senato. Mi parrebbe di venir meno al rispetto che al Senato io devo e professo. Il Senato assicura a se stesso la propria dignità e il proprio avvenire con l’opera sua. Tutta la sua storia è fulgida di dignità, di onore e di patriottismo italiano, dai primi anni del risorgimento, quando il Senato subalpino proclamò l’unione al regno sardo, delle terre lombarde ed esaltò i diritti nazionali delle Venezie, quando primo proclamò cittadini di quel regno tutti gli altri italiani. Quel Senato che proclamò il regno d’Italia, presente Alessandro Manzoni, quel Senato che in un giorno di trepidazione intese Giacomo Durando a dire «se l’Italia sarà disfatta noi la rifaremo!», quel Senato che Federico Sclopis disse che dovunque trasportato sarebbe sempre il tempio di Giove Statore, quel Senato diede, dà e darà sempre a se stesso la propria altissima digni-