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Giova sempre ai Governi essere forti di un largo appoggio del Parlamento: nell’istante in cui siamo è necessario. La Camera, il Parlamento, non è, onorevole Turati, quella moglie incomoda, che si cerca di tenere nascosta e di rimandare il più presto che sia possibile al celato focolare domestico. Non lo è. Io vivo qui con essa da quarantacinque anni e so e vedo che si ringiovanisce sempre. E mentre noi domandiamo che la Camera ci conceda uno spazio di esercizio finanziario corrispondente a ciò che le consuetudini nostre e l’andamento dell’Amministrazione raccomandano, mentre domandiamo ciò, può essere certo l’onorevole Turati che tutte le volte che ci potrà occorrere, per i supremi interessi della Patria, la parola viva — e direi il bacio, per mantenermi nel paragone (Viva ilarità), se fossimo unanimi — la parola desiderata di questa consorte non importuna, che è la Camera dei deputati, noi la chiameremo, noi ci rivolgeremo ad essa. (Vivissime approvazioni).

Ora prego i proponenti degli ordini del giorno di accogliere (quelli che possono farlo) le mie preghiere. L’onorevole Pacetti di certo consente di ritirare l’ordine del giorno presentato, volendo rammentare quanto ho detto.

Non oso dire all’onorevole Turati di ritirare il suo. (Si ride).

Al collega Facchinetti fo eguale preghiera. Fo eguala preghiera al collega Grosso Campana, il quale troverà modo, intendendosi col ministro di agricoltura, di sciogliere insieme con l’onorevole Dugoni il dissenso che esiste tra loro rispetto al prezzo del frumento. (Si ride).

Presso l’onorevole Cotugno di ritirare il suo ordine del giorno.