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Onde è che il Re d’Italia, quando recentemente recò ai prodi della Francia e del Belgio il saluto del Paese nostro, recò non solo l’espressione del nostro pensiero e dell’anima nostra, ma il saluto della fraternità delle vittoriose armi italiane alle vincitrici armi alleate di ieri, di oggi e di domani. (Applausi).
Però non solo inni noi dobbiamo rivolgere ai prodi che combattono: noi dobbiamo compiere dei doveri verso di loro. Essi ci dimostrano, con la virtù dei loro sacrifici, quale debba essere la resistenza del Paese. E il Paese risponde e risponderà, con le sue virtù, all’eroismo dei combattenti.
Mentre essi così alto tengono lo spirito italiano, noi dobbiamo evitare che questo si deprima nel Paese. Ogni atto che lasci deprimere il senso della guerra nel Paese nostro è un tradimento verso coloro che per la patria morirono e combattono, è un tradimento verso le famiglie dei combattenti. (Vivissime approvazioni).
Non basta dare sussidi alle famiglie di coloro che combattono: bisogna non avvelenarne il cuore, non togliere ad esse i conforti più alti e ideali, non diminuirne il coraggio, seminando false notizie e insidiose illusioni. (Vivi e prolungati applausi).
Onorevoli deputati, dalle trincee, dalle vette signoreggiate, dalle terre contrastate viene il grido della vittoria e della concordia. (Benissimo! Bravo!) Più che mai in questo momento e per la resistenza interna, nella quale deve perseverare saldamente il nostro Paese e per le eventualità delle condizioni politiche che si possono avverare nel mondo, più che mai è necessario che la concordia sia piena e sicura nel Paese nostro. Questa