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incolta? Quella che non è proprio coltivata; oh’è del tutto sterile, che a nulla giova; ma tali terre sono poche, o signori. Quando fui ministro dell’agricoltura feci fare al proposito uno studio da due chiarissimi professori, il Poggi ed il Bizzozzero. Essi percorsero l’Italia e mi riferirono che il numero delle terre incolte davvero era scarsissimo. Ma terra incolta, dice il senatore Sinibaldi, è dove la malaria percuote i contadini; ed altri ancora incalzano e dicono: terra incolta è dove la pastorizia prende ciò che appartiene alla coltivazione granaria. Vedono bene, onorevoli signori, in quali difficoltà ci si caccia quando si vuol determinare che cosa è la terra incolta; mentre minor difficoltà si incontra quando si dice che occorre che lo Stato veda ciò che meglio può farsi per estendere la piccola proprietà.
Ed in ciò siamo di accordo. E anche senza espropriazione di proprietà io avviso che si può in parecchi modi far si che il latifondo, il quale specialmente in alcune provincie è così poco favorevole alla ricchezza nazionale e alla buona condizione delle popolazioni, da far tornare alla mente il classico: latifundia Italiam perdidere, possa dar luogo ad un miglior ordinamento di proprietà, il quale, prima ancora di essere stabilito dalla legge, debba venire agevolato in tutti i modi con le opere pubbliche. Quando invero avete il latifondo separato dalle stazioni ferroviarie, quando avete il latifondo in sito non bonificato è inutile che ci si adoperi per trovare le vie onde esso faccia luogo alla piccola proprietà.
È ufficio perciò del Governo di preparare con le opere pubbliche e col suo intervento la via per cui il latifondo si