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dolfi, anche essa s’incammina per la via delle trasformazioni; e l’ultimo scritto di un uomo competente anche in questa parte, il compianto Francesco Guicciardini, additava di già a quali evoluzioni la mezzadria stessa avrebbe dovuto andare incontro.

Io sono d’accordo col senatore Sinibaldi quando con così chiara parola egli ha rivendicato i meriti della borghesia italiana. Certo è che la borghesia italiana ha dei meriti che non vanno dimenticati; perchè quelle istituzioni cooperative, quelle istituzioni di rigenerazione popolare anche nelle campagne, perchè, ad esempio, le Casse di risparmio, onde innegabilmente in alcune parti d’Italia, dalla Romagna al Piemonte, tanto si giovarono le classi lavoratrici, furono opera della borghesia: ed io consento con lui che male si giudicano i lavoratori e gli agricoltori italiani quando ad essi si fa appunto e carico del minore progresso, che si dice essersi verificato nell’agricoltura italiana.

Il quale preteso minore progresso, onorevoli senatori, può essere ammesso se l’avviciniamo ad un ideale di progresso, che è certo nella visione e nella speranza di tutti noi, se lo avviciniamo ancora ai progressi di altri paesi per istruzione agraria e per capitali molto più avanzati che non il paese nostro. Ma che, ad ogni modo, un vero e rilevante progresso agrario anche da noi si sia raggiunto non può essere da alcuno disconosciuto: perchè di questa Italia nostra siamo troppo facili a dire le deficenze e le colpe, e troppo restii ad esaltare i meriti; e fra questi meriti è indubbiamente il progresso agrario che si è compiuto dopo che l’Italia è unita. (Bene, bravo, approvazioni, applausi).