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stazioni di tale contemperamento, e molto vari gli istituti che mano a mano ne ebbero origine, dalle enfiteusi del diritto romano-bizantino, alle precarie di origine ecclesiastica, ai livelli del nostro diritto medioevale italiano, e ad altre e ad altre forme ancora, che io per amore di brevità racchiuderò nel nome comprensivo di contratti agrari.
A questi essenzialmente si è riferito il senatore Sinibaldi, richiamandosi in modo più particolare al contratto di enfiteusi E in questo ordine di idee io lo posso seguire con pieno consenso. Ma io non vorrei certo associarmi al regime giuridico di certe legislazioni moderne, che hanno bensì scritto nei loro testi il diritto di enfiteusi, ma lo hanno poi nelle sue applicazioni siffattamente snaturato, da fargli perdere quasi appieno la sua profonda significazione ideale e la sua concreta e salutare efficienza sociale.
Se non che, dicendo che è bene che il diritto di proprietà si temperi e si fecondi al contatto e mercè la riviviscenza di questa e delle altre forme dei tradizionali contratti agrari; non mi parrebbe però, me lo consenta il senatore Sinibaldi, che essi potrebbero utilmente assumere quella forma di contratto unico, al quale, se mal non mi avviso, egli accenna nella terza parte del suo ordine del giorno. Poichè non la sola proprietà si evolve, ma si evolvono del pari anche questi contratti, assumendo particolare fisionomia a seconda dei tempi e dei luoghi. Io, in questo momento, penso al patto agrario tipico della consociazione tra la proprietà e il lavoro, voglio dire la mezzadria. Ma anche la mezzadria classica di Capponi, di Lambruschini, come già quella del Ri-