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Al pari di lui, io non sono un bigotto dell’idea della proprietà.

Nè mi trattiene da questa recisa asserzione il considerare ch’io parlo da quella città, il cui diritto ha scolpito con così corretta e severa precisione di linee, quale nessun altro al mondo, la figura della proprietà individuale; i cui giureconsulti hanno di questa plena in re potestas date quelle definizioni così assolute, che pure attraverso agli svolgimenti e ai rivolgimenti del diritto intermedio: canonico, germanico, statutario, hanno serbato tanta autorità ed hanno esercitato, oserei dire, quasi una specie di fascino fino ai nostri giorni.

Poichè io non ignoro che le ricerche più profonde e più moderne hanno chiarito che in Roma stessa il diritto di proprietà non fu nella realtà della vita giuridica così immune di limitazioni e di temperamenti, come stando alla pura lettera delle definizioni altri fu tratto un tempo ad immaginare. E non ignoro neppure quante delle sostanziali innovazioni del diritto intermedio si siano imposte ormai in tutti i paesi, che pur sentirono più profonda l’impronta della giurisprudenza e della dottrina romana, perchè meglio rispondenti a quei postulati del diritto sociale moderno, di cui nessuno si può illudere di contrastare il trionfale cammino.

Del resto, io non ho che da tener fede a quelle idee di libertà economica, nelle quali mi sono educato alla scuola di un maestro insigne, la cui memoria non mi uscirà mai dal cuore e dalla mente, di Francesco Ferrara. Il Senato, plaudendo al discorso del senatore Sinibaldi, ha dimostrato come sia disposto a consentire che