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mento politico, lo elevò a dignità di principio scientifico e giuridico (principio un po’ troppo trascurato ora e contradetto di poi nelle nostre Università), e ne fece l’applicazione in tutte le parti del diritto internazionale, anche marittimo, segnatamente quando sostenne la legittimità dell’arresto dei La Gala contro le pretese del Governo Borbonico: e nel diritto privato internazionale, quando ispirò quegli articoli del nostro codice civile relativi agli stranieri, i quali rappresentano, in materia, le disposizioni più liberali che esistano nella legislazione civile di tutti i paesi, disposizioni che qualche volta possono aver nociuto ai nostri interessi, ma che costituiranno sempre una splendida gloria del nostro pensiero giuridico. (Approvazioni).
Ringrazio l’onorevole Petrillo di aver rammentato come io sia stato discepolo di Pasquale Stanislao Mancini. Io lo intesi nella Università di Torino, in quei tempi nei quali egli, con Antonio Scialoja, con Francesco Ferrara e con Luigi Amedeo Melegari, mentre instaurava la scienza della libertà, animava noi ad essere della libertà assertori, seguaci e propugnatori. (Vive approvazioni).
Io ebbi anche la ventura in questa Camera di aderire, come relatore della Giunta generale del bilancio, alla proposta che Pasquale Stanislao Mancini mise dinanzi per l’arbitrato internazionale.
Egli fu un degno cittadino della patria di Pietro Giannone che fu del sapere altissimo lume, e ne ravvivò la scuola (cui io per verità non partecipo) con mirabile dottrina; egli, maestro e precursore nel diritto penale, fu degno cittadino della patria del Filan-