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Arcivescovo della Chiesa milanese, essendo Podestà il Magnifico e potente cavaliere Giaccone da Perugia, e il signor Matteo Visconti (1) Capitano del popolo, ho composto questo libro; l'ho composto dopo avere con grande diligenza e non poca fatica investigata la verità, spontaneamente, senza esservi da alcuno indotto, senza la minima speranza di lucro, ma, direi quasi, per ispirazione divina; affinchè, lette e comprese le lodi di Milano, inspirate alla più pura verità, tutti quanti senz'ombra d'invidia, la amano rendano grazie a Dio; gl'invidiosi o si convertano, o nella propria invidia si contristino e consumino; poi gli stranieri tutti, apprendendo la nobiltà e la dignità de' milanesi, imparino a rispettarli e ad onorarli in qualsiasi luogo, ad amarli e proteggerli; infine i miei concittadini, considerando di qual patria sian figli, non degenerino mai dalla sua nobiltà, non la disonorino con riprovevoli azioni.

Qui taluno dirà: "bada, chè, talora le buone intenzioni possono produrre cattivi effetti : qualche tiranno straniero, nelle cui mani sia per avventura pervenuto questo libro, conosciuta la grandezza di Milano, potrebbe inebriarsi al punto da concepire il disegno di rendersene padrone".

No, io rispondo: l'amore della libertà e la protezione dei corpi santi (giacenti sotto la nostra terra) fanno sì che nessuna dominazione straniera possa qui durare se non col consenso de' cittadini: se n'è avuta la prova a' tempi