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petenti quali potevano essere gli esattori dei dazi alle porte; ai beccai ed ai pescatori ha ricorso per consumo delle carni da macello e della pescheria.
Certo l’essere egli addetto agli Umiliati dovette facilitar di molto le sue ricerche, giacchè alla potente organizzazione di quei religiosi praticanti l’industria e il commercio, quasi tutte le comunità lombarde addossavano, anche per forza, gran parte dell’amministrazione de’ pubblici affari. Sappiamo dal Giulini che in Milano il Podestà e il Comune li costringevano ad esigere i dazi, a pesare e misurare alle porte della città le farine e i grani si che Innocenzo IV nel 1251 intervenne a frenare quello che oramai era divenuto un vero abuso. Negli Umiliati, sia che egli fosse loro terziario, sia che lo fosse dei francescani, trovò senza dubbio informatori sagaci e fidati e, all’occorrenza, collaboratori animati da un cordiale spirito di colleganza.
Si può domandarsi se il desiderio di magnificare la propria città non abbia per avventura indotto Bonvesino in qualche esagerazione. Ciò è certamente avvenuto nella valutazione ideale di alcuni fatti: tutto quanto egli crede di dover ammirare dichiara esser unico al mondo: richiama in ciò alla mente uno scrittore distante di sei secoli da lui, straniero ma innamorato quanto lui di Milano; Stendhal: questi co-