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e più solido Stato monarchico, tutto era incerto e mutevole : gli organi antichi si dissolvevano, i nuovi non avevano ancora preso forma decisa nè consistenza, e si viveva alla giornata secondo le direttive imposte dalla volontà più o meno larvata dei protettori del popolo.

Nel De magnalibus civitatis Mediolani si distinguono due parti di diversa natura e di diverso valore, una statistica e descrittiva e una storica. In quest'ultima il fecondo autore dimostra buon senso, retto criterio, amor del vero, coltura per il suo tempo notevole: aveva a sua disposizione una discreta libreria, lo sappiamo dal suo testamento, e conosceva le fonti migliori, se non forse per la storia romana, certo per quella dei tempi a lui più vicini, Paolo Diacono, Arnolfo, Landolfo, il Liber tristitiae et doloris dove son narrati i patimenti della patria oppressa dal Barbarossa, e, tra le storie ecclesiastiche, il de situ urbis mediolanensis e il cerimoniale di Beroldo, e il liber notitiae sanctorum, di Goffredo da Bussero; e dà così al suo dire una impronta di verità. La quale più acquista valore in quanto, a differenza dei cronisti contemporanei, si astiene dall'intercalar favole nel racconto: due sole volte indulge a tal costume, quando narra di Viviano da Lecco e quando ricorda un favoloso Lamberto che avrebbe soggiogato Milano pri-