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zione, da un confronto "a fortiori" con un tormento o un piacere terreno, e delle parole di dolore o di giubilo del peccatore o del giusto.

Pur non essendo facile definire le fonti di Bonvesino, ben si vede non tutta la materia di questo poema essere sua invenzione: nel descrivere il corso della vita umana egli ha sfruttato il "de contemptu i mundi » e forse ha avuto sott'occhio il « fasciculus » di S. Bonaventura, raccolta di meditazioni sulla miseria dell'uomo, sulla morte, sulla Passione di Cristo, sull'inferno e sul paradiso; ma da queste e da altre scritture congeneri si dilunga nel numero delle pene e dei gaudi, e nella loro contrapposizione che può avere attinto a qualcuna delle numerose descrizioni in voga nel medio evo. Comunque il merito del nostro poeta è nell'averle integrate intramezzandole colla Passione di Gesù e d'aver fuso il tutto in un'armonica unità. Bonvesino ci ha dato la prima trilogia veramente organica che abbia la letteratura italiana avanti la Divina Commedia. L'avere per la prima volta intercalato la descrizione delle pene dell'inferno e dei gaudi del paradiso con un'altra occupante materialmente il posto del purgatorio dantesco, basterebbe già a dargli il diritto d'essere annoverato fra i precursori di Dante; ma probabilmente non è solo questa rispondenza