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morte miseranda coi diavoli fianco in attesa di portarselo via. Spirato, eccolo all'inferno a subir le dodici pene, cioè: « la flama scura ke abraxa in quella tana », « la puza grande ke lo peccatore circunda », « lo zelo fregissimo de quella terra inversa », « li vermi veninenti ke ge stano con grande orgoio », « vedere le faze de li miseri ke stano in la cathena e dentro li diavoli apresso », « le grame voxe, lo pianto e lo rumore», gli strazi che i diavoli fanno dei peccatori, la fame e la sete, « la asperitate gravissima de la vesta e del giaxere », la pestilenza e ogni altro genere di malattie, « la grande grameza de zò kel ha perdudo », cioè le gioie del paradiso, la disperazione di non poter mai uscire. Nel quadro mediano del trittico si svolge la Passione di Cristo dall'arresto fino al colpo di lancia vibrato da Longino. L'ultimo quadro è l'antitesi perfetta del primo: il giusto morendo vede intorno sé gli angeli che ne aspettan l'anima e pregusta gli eterni gaudi. Eccolo in pardiso:

quella, Città soprana si è pure de oro lucente; le piaze, delectevole, le miura resplendente, li prati, li verzeri ornati e avenenti, de strabianchissimi lilij e de altri fiori olenti; de prede pretiosissime le mure son lavorade, a zeme splendidissime e molte aprexiade, le camere sono depente de strafino azuro, è facto lavore mirabile a oro lucente e puro...