Pagina:Bonvesin de la Riva - Meraviglie di Milano.djvu/25


xxiv


Meno filosofico ma pieno di leggiadria è il contrasto fra la rosa e la viola. La rosa superba, usurpando la priorità nel prender la parola che spetterebbe alla violetta, prima a fiorire, decanta la sua beltà, il suo profumo, la sua maggior grandezza per contro la viola:


no sont per quel men bona anc sia eo piceneta
ben po sta grand tesoro in picenina archeta...

e vanta il suo colore, il suo profumino gentile e la gioia che infonde negli animi al suo primo apparire.


     «No sai que tu te dighi», zò disc la rosorina,
«no è fior k’ habia honor sor la rosa marina,
in i orti et in li verzerij eo nasco so dra spina,
olta da terra, e guardo inverse la corte divina,
     Ma tu si nasci in le rive, tu nasci entr’i fossai»

E l’altra:


     ... eo sont tutta amorevre,
eo sont comuna a tugi, e larga e caritevre.
     S’alcun villan no m guarda et cl me met set pei,
s’el fa zo k’el no dè lo dexnor non è meo...
     Eo sto aprovo la terra, humel, no dexdeniosa,
ma tu ste olta in le rame, e bolda et orgojosa...

E così via a botta e risposta fino a che interviene il casto giglio a giudicar la contesa proclamando, non occorre dirlo, vittoriosa la viola. Bonvesino, d’accordo col giglio, ricava dal dibattito la sua morale: