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vati, dagli estratti che ne dà Galvano Fiamma nelle sue Cronache, e dai riassunti di alcuni capitoli esistenti in un codice della Biblioteca Ambrosiana, gli uni e gli altri dipendenti da manoscritti differenti, oggi perduti. Si sa così da queste fonti che a tremila ammontavano le ruote dei novecento molini, che ogni giorno si consumavano mille e duecento moggia di farina, che le bestie da soma impiegate a trasportare dalla campagna in città la farina erano più di seimila. (63) Galvano Fiamma accenna a statistiche di cani in Milano e dice che n'erano stati contati 6149 i quali divoravano giornalmente più pane che tutti insieme i cittadini di Lodi. (64) Il sale veniva da Venezia, colla quale Milano aveva convenzioni speciali per questo commercio. Il più antico trattato tra il Comune di Milano e quella repubblica, a noi noto, è del 1268, abbastanza recente quando Bonvesino scriveva. Il pepe, caro e ricercatissimo, formò la delizia dei palati medioevali. Rappresentava una vera ricchezza e teneva talora persino l'ufficio di moneta. Era infatti costume nel medioevo di assicurarsi per mezzo dei propri fittabili o livellari la provvista di quelle derrate e di quelle merci delle quali meno agevole poteva rendersi l'acquisto sul luogo di consumo. Tra queste erano il pepe e l'incenso, spezie che venivano dal Levante; e così, per esempio, nel marzo del 1134 il monastero di S. Gallo faceva una concessione livellaria a Guido Visconti di Milano, col patto che questi gli corrispondesse ogni anno, a titolo di censo, un marco e mezzo d'argento, 12 libbre di pepe e 12 d'incenso. E nel 1313 una signora milanese dava in affitto livellario a un Airoldi una casa pel canone annuo di L. 15 e sei once di piperata, la quale