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Eriberto, violentando, con temerario ardire, la volontà del Re, tentò di usurpare quella insigne prerogativa. La sua condotta sdegnò profondamente tutti i Presuli presenti. Ne nacque non lieve susurro, cosicchè il Re, domandatane la causa e venuto a conoscenza, del vero, salì d'un tratto sul trono e così parlò : « Certo è, venerandi Padri, che, come la consacrazione dell'Imperatore è privilegio della Sede apostolica, così la elezione e la consacrazione del Re lo è di quella ambrosiana. E' quindi indubitato che la mano la quale benedice il Re e prima gli impone la corona sul capo, se è presente, deve pure presentare il Re destinato all'Impero a S. Pietro e al suo Vicario. Esige dunque il diritto che egli divenga Imperatore coll'assistenza ambrosiana dacchè per ambrosiana consacrazione è divenuto Re ». Dopo queste parole l'Arcivescovo di Ravenna, che temerariamente aveva voluto usurpare il primo posto, ne fu, pieno di vergogna, allontanato perchè altri più degno lo occupasse. Alquanti giorni dopo l'Autorità apostolica convocò una Sinodo nella quale fu decretato che in tutti gli affari pontificali l'Arcivescovo di Ravenna non potesse mai, in alcun modo, essere anteposto a quel di Milano: se lo avesse tentato, dovesse subire la sanzione canonica. Per il che nella diciassettesima distinzione del Decreto si legge : « E' pur da notare che in questo Concilio e in una Sinodo di Papa Simmaco si legge che il Vescovo di Milano ha sottoscritto e risposto prima di quel di Ravenna, onde consegue che il privilegio spettava alla