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combattere in pari condizioni coi nemici, siano mai fuggiti, nè che alcun popolo abbia su di loro riportata vittoria. Confesso di aver letto che molte volte la sorte fu loro contraria; ma non c'è da meravigliarsene: quale altra città, sbattuta da tanti e sì impetuosi venti, non ha subito danni ? La stessa Roma, pur essendo densa di popolo, di tutto fornita, pur essendo per la sua potenza temuta da re e popoli e famosa in ogni parte del mondo, ha avuto le sue avversità, le sue fughe e ha dovuto soffrire da parte dei nemici catture, ferite, uccisioni e altre offese. E basta di questo argomento. Fu detto con quanto valore abbia un tempo combattuto contro i nemici la nostra città. Ora, essendo più ricca di popolazione, di edifici, di vettovaglie, quali re, quali tiranni, qual popolo potranno mai soggiogarla? Nessuno se i cittadini, volgendo a' propri danni le spade, non vorranno scannarsi a vicenda. XVII. - A questo punto non so rinunziare a parlar d'un fenomeno meraviglioso. Molti dei miei concittadini d'ambo i sessi, ormai decrepiti, ricordano un nobilissimo uomo, Uberto della Croce, figlio della nostra terra, la cui forza non ha mai trovato l'uguale nel mondo. Di questa forza voglio dare brevemente le prove in tutto conformi alla verità. Era uomo di illustre e potente stirpe, ma la sua maggior potenza stava nella sua vigoria dacchè gli atleti delle altre città appetto a lui erano come fanciulletti di fronte ad uomini fatti. Egli fer-