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L'appendice fu inviata una prima volta [giugno 1831] a Gauss senza che giungesse alla destinazione e una seconda volta nel gennaio del 1832. Sei settimane dopo [6 marzo 1832] Gauss così rispondeva a WOLFGANG:

«Se comincio col dire che non posso lodare questo lavoro [di GIOVANNI], tu certamente per un istante resterai meravigliato; ma non posso dire altra cosa, lodarlo sarebbe lodare me stesso; infatti tutto il contenuto dell'Opera, la via spianata da tuo figlio, i risultati ai quali egli fu condotto coincidono quasi interamente con le mie meditazioni, che hanno occupato in parte la mia mente da trenta a trentacinque anni a questa parte. Così rimasi pienamente stupefatto. In quanto al mio lavoro personale, del quale fin quì ho ben poco confidato alla carta, era mia intenzione di non lasciare che si pubblicasse nulla durante la mia vita. Infatti la maggioranza degli uomini non ha idee chiare sulle questioni di cui si parla, ed io ho trovato ben poche persone che prestassero uno speciale interesse a ciò che loro comunicai su tale soggetto. Per poter prendere questo interesse bisogna prima di tutto aver sentito molto vivamente ciò che manca essenzialmente, e su questa materia quasi tutti sono in una completa oscurità. Al contrario era mia idea di scrivere, col tempo, tutto ciò, perchè esso almeno non perisse con me. E adunque per me una gradevole sorpresa vedere che questa fatica può ora essermi risparmiata, e sono estremamente contento che sia proprio il figlio del mio vecchio amico, che mi abbia preceduto in modo così notevole».

    Ungherese di Scienze, nell'occasione del 1° centenario della nascita dell'autore. [Budapest, 1902]. Vedi la traduzione italiana di G. BATTAGLINI, nel t. VI del Giornale di Matematiche, p. 97-115 [1868 ].