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esprime chiaramente questa idea nei «Nuovi fondamenti della geometria.» del 1835, ove dice:
«L'infruttuosità dei tentativi, fatti dal tempo di Euclide, per lo spazio di due millenni, svegliò in me il sospetto che nei dati stessi non fosse contenuta ancora la verità che si era voluto dimostrare e che alla conferma sua potessero servire, come pel caso di altre leggi naturali, delle esperienze, ad esempio delle osservazioni astronomiche. Essendomi convinto finalmente della giustezza della mia congettura ed avendo acquistata l'opinione di aver completamente risolto il difficile quesito, scrissi, nell'anno 1826, una memoria su questo soggetto [Exposition succinte des principes de la Géométrie.]»1.
Le parole di Lobacefski mettono in luce una concezione filosofica dello spazio, opposta a quella kantiana, che allora godeva il massimo favore. La dottrina kantiana considera lo spazio come una intuizione subbiettiva, necessario presupposto di ogni esperienza; quella di Lobacefski, riattaccandosi piuttosto al sensualismo ed alla corrente empirista, fa rientrare la geometria nel campo delle scienze sperimentali2.
§ 44. Resta ora a mettere in relazione la Pangeometria di Lobacefski con la questione suscitata dal postulato euclideo. La quale, come si è visto, mirava a costruire la teoria delle parallele col solo sussidio delle prime 28 proposizioni di Euclide.
Rispettando questa richiesta Lobacefski definisce il parallelismo e ne assegna i caratteri salienti di reciprocità e transitività. Il carattere d'equidistanza si presenta poi a Lobacefski