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e le loro velocità decrescessero proporzionalmente, i corpi celesti descriverebbero delle linee interamente simili a quelle che descrivono, in modo che l'universo, ridotto successivamente fino al più piccolo spazio immaginabile, offrirebbe sempre le stesse apparenze ai suoi osservatori. Queste apparenze, continua, sono dunque indipendenti dalle dimensioni dell'universo, talchè la semplicità delle leggi naturali non permette all'osservatore che di conoscere dei rapporti. Riattaccandosi a questa concezione astronomica dello spazio, aggiunge in nota: «I tentativi dei geometri per dimostrare il postulato d'Euclide sulle parallele sono stati finora inutili. Tuttavia nessuno pone in dubbio questo postulato ed i teoremi che Euclide dedusse. La percezione dello spazio racchiude dunque una proprietà speciale, evidente per sè stessa, senza la quale non si possono rigorosamente stabilire le proprietà delle parallele. L'idea dell'estensione limitata, per esempio, del cerchio, non contiene nulla che dipenda dalla sua grandezza assoluta. Ma se noi diminuiamo col pensiero il suo raggio siamo portati invincibilmente a diminuire nello stesso rapporto la sua circonferenza ed i lati di tutte le figure iscritte. Questa proporzionalità mi pare essere un postulato più naturale di quello di Euclide ed è notevole il ritrovarlo nei risultati della gravitazione universale»1.


§ 26. Insieme ai precedenti geometri si suole ricordare anche J. B. Fourier [1768-1830], per una discussione sulla linea retta da lui sostenuta insieme a Monge2. Volendo riattaccare questa discussione alle ricerche sulle parallele basta riferirsi all'idea espressa da D’Alambert, che la dimostrazione

  1. Cfr. Laplace: «Oeuvres», t. VI. Livre V, Ch. V, p. 472.
  2. Cfr.: Séances de 1'École normale; Débats, t. I, p. 28-33 [1795]. — La discussione fu ristampata in Mathésis, t. IX, p. 139-141 [1883].