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comune a b e p. Concluderemo pertanto che le due rette p e q sono asintotiche alla retta b1.
§ 17. A questo punto SACCHERI cerca di concludere, affidandosi, più che alla logica, alla intuizione ed alla fede nella validità del V postulato. Per dimostrare che l' ip. ang. acuto è assolutamente falsa, perchè ripugna alla natura della linea retta [prop. XXXIII], si appoggia su cinque lemmi, distesi in ben 16 pagine: in sostanza però si riduce ad affermare che «se essa fosse vera, la retta AP' [fig. 25] avrebbe con MB una perpendicolare comune in un punto comune all'infinito, ciò che è contrario alla natura della linea retta.» La pretesa dimostrazione di SACCHERI è dunque fondata sull'estensione all'infinito di certe proprietà, valide per figure situate a distanza finita.
SACCHERI però non è soddisfatto del suo ragionamento e tenta di raggiungere la desiderata prova ripigliando l'antico concetto di equidistanza. Non vale la pena di riportare la nuova discussione inquantochè non rappresenta nulla di meglio di quanto fecero i suoi predecessori.
Pur mancando allo scopo l'opera saccheriana è di grande importanza: oltre porgerci il massimo tentativo in favore V postulato, essa, pel fatto stesso di non aver scoperto delle contraddizioni fra le conseguenze dell' ip. ang. acuto, non poteva a meno che suggerire il dubbio che su questa
- ↑ Nell'opera di SACCHERI, prima di questo risultato, si trovano molte altre proposizioni interessanti, fra le quali è degna di nota la seguente: Se due rette si avvicinano sempre più, e la loro distanza si mantiene sempre superiore ad un certo segmento assegnabile, l'ipotesi dell'angolo acuto viene distrutta. Talchè, postulare l'assenza di rette asintotiche equivale ad ammettere il postulato euclideo.