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basandosi sul teorema: «La linea equidistante da una retta è una retta», ch’egli cerca di giustificare con ragionamenti analogici. La dimostrazione di Clavio ha molti punti di contatto con quella di Nasîr-Eddîn.

P. A. Cataldi [? -1626] è il primo geometra moderno che pubblica un lavoro esclusivamente dedicato alla questione delle parallele1. Il Cataldi muove dal concetto di rette equidistanti e non equidistanti, ma per provare l’effettiva esistenza di rette equidistanti ricorre all’ipotesi che «rette non equidistanti in un verso convergono e nell’altro divergono». [cfr. Nasîr-Eddîn]2

G. A. Borelli [1608-1679] ammette, cercando di giustificarlo, il seguente assioma [XIV]: «Se sopra una retta linea trasportata lateralmente nello stesso piano sopra d’un’altra retta linea, la tocchi sempre mai con l’estremo suo punto, et in tutto il suo corso sia a quella perpendicolarmente elevata: l’altro suo punto estremo descriverà col suo moto una retta linea».

Successivamente dimostra che due rette perpendicolari ad una terza sono equidistanti e definisce le parallele come rette equidistanti. Segue la teoria delle parallele3


§ 8. Giordano Vitale [1608-1711], riattaccandosi al concetto di equidistanza formulato da Posidonio, sente con Proclo la necessità di escludere che le parallele di Euclide possano avere un comportamento asintotico. Allo scopo definisce parallele due rette equidistanti e cerca di pro-

  1. «Operetta delle linee rette equidistanti, et non equidistanti» [Bologna, 1603].
  2. Ulteriori osservazioni sull’argomento furono fatte dal P. A. Cataldi nell’«Aggiunta all’operetta delle linee rette equidistanti, et non equidistanti» [Bologna, 1604]
  3. Borelli: «Euclides restitutus» [Pisa, 1658].