Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/81

          Amin.Per lo sentier non vanno:
          ma s’elle entrar fra ? bosco, i’ guato indarno.
          Celia.(Son pur qui tutta sola
          in man de la mia morte: or che non moro?)
          Niso.Né quindi orma n’appare. Ecci altra strada?
          Celia.(Oimè, che veggio!)
          Niso.Aminta,
          ecco ? mio sole.
          Amin.Eh taci,
          che se di noi s’avvede, ella è sparita,
          e ti parrà ? suo lume
          anzi balen che sole.
          Niso.Già n’ha veduti, e par che disdegnosa
          ad or ad or ci miri.
          Ma non vedi com’ella
          sembra tutta dolente?
          G veggio in quel bel volto
          le rose e i gigli impalliditi e smorti.
          Celia.(Ei non vanno, i’ non parto:
          né vien per me la morte.)
          Amin.Fra sé ragiona, e forse
          per noi seco s’adira.
          Niso.Ma si vede perٍ fra quei dolori
          una beltà ridente,
          fra quelle languidezze
          una beltà fiorita.
          Oh bellezza divina!
          han l’altre belle il bel da be’ colori
          dei più leggiadri fiori ;
          ma costei no, perch’ella
          sol perch’è lei è bella.
          Celia.(Occhi infelici, or ecco
          quanto ha di bello il mondo:
          ma non per voi. Qual dunque altra vaghezza,
          che di morir, v’alletta?)
          Niso.Ahi lasso, i’ tutto a si bel foco avvampo;