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SCENA III
Nerea, Aminta.
Ner.E vuoi dunque ch’io parli
d’amor a Celia, e che per Niso i’ parli?
Malagevole impresa
parlar d’amor a cor disamorato
per forestiero amante !
Amin.O mia gentil Nerea,
per te nulla è d’amore
malagevole impresa,
per te, che volger sai com’a te pare
tutto d’Amor lo ’mpero.
Ner.Ahi, tempo ne fu ben, cortese Aminta,
allor quand’io portava
ne le labbra le rose, nel crin l’oro!
Ma, la beltà sfiorita,
ogni altra forza è gita.
Amin.Quel ch’a tuo pro con la beltà valevi,
a pro d’altrui or con lo ’ngegno il vali.
Nel crine, ov’era l’oro,
ha sparto il senno Amore, e ne le labbra,
ove fiorian le rose, ha posto il mèle
1 di dolci parolette, onde tu vai,
qual più ’ngegnosa pecchia,
entro a’ favi del core
portando il mèi d’Amore.
Ner.Oh vera si, ma ingrata somiglianzà!
Pecchia son io, ch’ad altrui porto il mèle:
io ? porto, ed altri il gode.
Ma cosi vuole Amore,
Amor ch’a nulla età perdona, e vuole
che chi giovane in sé provٍ gli ardori,
vecchio altrui li ministri,