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potei tanto di tregua
impetrar dal mio pianto,
che cantando i’ tentai
al sonno rinvitar gli occhi dolenti:
quand’ei ver me vibrando
con un sospiro un guardo: — O Celia, e’ disse,
s’io non ti veggio, i’ moro;
e s’io ti veggio, vuoi
ch’i’ dorma avanti al sol degli occhi tuoi? —
Quindi tutta sorpresa,
da lui ratto fuggendo,
corsi là dove Niso
a sé mi richiamava.
Quivi da la sua piaga,
mentr’ io la rilegava,
un rampollo di sangue,
non so come, spicciando,
venne a tingermi il seno.
Allor diss’egli : — O Celia,
deh non aver a sdegno
ch’a te corra il mio sangue!
Vedi, tu se’l mio core, e quand’uom more,
sen corre il sangue al core. —
Cosi d’ambidue loro
l’amoroso talento
mi fu noto ad un punto:
ed io, che fin allora
mai più non ebbi udita
voce d’amor senz’ ira,
punsi il mio core, e volli
destare’ncontra lor gli usati sdegni;
ma, lassa, io non potei!
Sentii che mal mio grado
quell’amorose voci
fer entro del mio core
un rimbombo amoroso.