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or quelle faci altere e luminose par che apprestili l’esequie al morir mio. Piangon le Grazie sbigottite e smorte: le Muse no, che al suo morir morirٍ; nacquer già seco, ed or son seco morte. Ed io morir dovrei, ma vivo e spiro, perch’ei viva immortal. — Cosí la morte pianse del suo pastor Fillide in Stiro. (G. B. Marino). « In cotesta provincia [UrbinoJ avrà medesimamente V. S. mille informazioni del signor conte Guidobaldo Bonarelli di felice ricordanza, perché egli nacque in Pesaro, per quanto egli stesso mi disse un giorno in Modona, benché la sua casa sia nobilissima in Ancona, dove al presente vive il signor conte Prospero suo fratello, cavaliere e poeta anche nobilis- ï simo. Quelle vivezze pellegrine della bellissima Filli di Stiro dimostrano la qualità del nobilissimo intelletto del conte Gui- dobaldo, e la difesa del doppio amore introdotto in quella fsua pastorale, ch’è l’ottima tra le migliori e l’emula dell’ottime ،per non dir vincitrice, e per nobiltà e purezza di frase e per \arguzia di concetti accenna che l’autore seppe egualmente ’immortalarsi nelle filosofie e nelle poesie, nel correr le poste per negozi de’ principi da lui serviti e nel passeggiar il Liceo virtuoso del Parnaso da lui pratticato. La difesa eccellente di quel doppio amore rende più ammirabile il doppio carico da V. S. sostenuto; onde per interesse suo proprio deve tanto più lodarla e commendarla. » (Lettera di G. B. Marino, del 1624 o 1625, ad Antonio Bruni, segretario del duca di Urbino, in Epistolario, Laterza, ?. PP· 73-74·]