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SCILLA
Or ch’in mezzo del ciel Febo lampeggia
con più fervid’ardore,
e ne guida ? pastore
a l’ombre amiche la lanosa greggia,
qui non è chi mi veggia
per le vicine sponde
bagnar l’ignudo pie ne le sals’onde.
Glauco,
mentre Scilla si bagna nel mare
Volgasi al mio desire
benigno il cielo: io rapirolla al fine,
se non trova altra aita il mio languire.
Dove ne fuggirai,
crudel, ch’io non ti giunga ed abbia omai?
Me che veggo? Oimè lasso,
opra di tua fierezza, o dea spietata,
la bella ninfa mia conversa in sasso !
La vendetta bramata
facesti pur de la mia fé costante.
Chi mi consola, oimè, miser amante?
Teti
uscita da un antro marittimo su una conchiglia tirata da due delfini
Degno premio a l’orgoglio
de la tua donna ingrata
è che resti cambiata
ai furori de l’onde orrido scoglio.
Ma perché, sacro nume,
tanto ti duol perdita lieve e frale
di bellezza mortale?
Scaccia ? vano dolor dal petto forte,