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il tuo passo i miei sguardi.
Amin.O Niso, una dolcezza,
che spirar novamente
parean la terra e ? cielo,
lusingandomi il core,
poteo ingannarmi il piede,
che senza toccar terra
quinci mi già portando.
Niso.Vedrai che qualche boschereccio nume
è venuto a portar pe’campi in braccio
il fanciullin d’Aminta!
Amin.Non rider, no, ch’e’ fu ben forse un nume
del cielo, e non de’ boschi, un nume alato
che fa volar altrui senz’aver ali.
(Troppo avanti mi scopro.)
Niso.Qualche beffa gentile
or contr’Amor s’ordisce.
O beffardo d’Amore,
non ischerzar d’Amore:
non è fanciul da scherzar seco Amore.
Amin.M’ingiuri a torto; i’ non son tale, o tale
non m’hai tu scorto almeno.
Niso.Io no: ma non fu già ninfa o pastore,
ov’io giacea ferito,
che parlando di te non mi narrasse
cotesta tua d’amor selvatichezza.
E mi diceano appunto
che tu d’amor non parli
se non rampogni e beffi, e ch’indi altero,
quasi da’ suoi dispregi
tu le tue glorie attenda,
ovunque altro pastore
in quercia annosa o in giovinetta scorza
fece scrivendo le sue fiamme eterne,
e tu quivi il tuo nome incidi e ? fregi
d’un titolo inumano: