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e tratteggiando il ciel con linee d’oro,
già parmi già che di vermiglio e rancio
abbia abbozzato in campo azzurro il giorno:
già d’Eto ê di Piroo,
che m’anelano a tergo,
sento i sonori freni, odo i nitriti,
onde fuggir convienimi.
Ah non fuggo, ma seguo
con regolato corso
il tenor che mi volge,
e del sommo Motor gli ordini eterni.
Già non fuggo da l’alba
per invidia ch’io senta
che si fregi e s’infiori :
e già non fuggo il Sole
per vergogna ch’io prenda
che mi segua e mi scacci :
fuggo, fuggo da’ vostri,
belle e candide fronti,
serenissimi albori, e fuggo i vostri,
occhi vaghi e leggiadri,
lucidissimi ardori.
Non che a scorno io mi rechi
soggiacer vinta a quelle,
onde il Sole abbagliato esser s’onora:
ma non si vuoi d’Amor romper le leggi;
che legge è pur d’Amore
alternar di natura
le diverse vicende, e ? mio ritorno
non ritardar cotanto
1 a gente che di là forse m’aspetta.
? Or, tu, Sonno, disgombra
da l’altrui pigre ciglia;
e tu, Silenzio, annoda
l’altrui garrule lingue, ond’oggi ? mondo
qui taciturno ammiri