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de la terra son io. Sagaci amanti,
non ravvisate voi forse colei
che chiamaste sovente
secretaria fedel de’ vostri furti?
Quante volte v’accolsi
sotto l’ombre cortesi, onde passaste
celatamente a le bramate prede!
E voi, giovani donne,
quante occulte dolcezze
dentro il mio fosco sen talor provaste!
Quante volte in virtù di questo mio
placidissimo figlio,
gemello de la morte,
dolce vita vi porsi e, con leggiadre
imagini amorose
appannandovi gli occhi, il ciel v’apersi!
Cara a voi, s’io non erro, esser mi deggio,
o magnanimi eroi, se, per me sola
con caratteri d’or segnate e scritte
nel gran libro del ciel, l’anime illustri
fra’ miei lucenti segni
vivono immortalmente.
Quinci risplende, aggiunto
al drappel de le stelle,
con altri mille il domator de1 mostri.
Né sarٍ (quant’ io creda) a voi men cara,
spettatrici amorose, a voi, ch’avete
le bellezze e gli amori entro il bel viso,
s’io d’imitar m’ingegno
ne’miei lumi i vostri occhi;
ed è la dea più bella,
la stella ch’innamora,
de le ministre mie G ultima suora.
Or da voi la cagion saper bram’ io
d’accidente sí novo.
Che veggio? or non è questa