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né qualunque turbamento d’animo cosi grave, ch’ella non ne avesse potuto rimaner consolata della sola presenza d’un suo capro, che già tutte solea consolar le mie pene, mentr’io non ebbi inconsolabil pena. (Atto I, se. 3). Ora Zenone, Crisippo ed altri stoici, che son coloro i quali pongono tutto lo studio loro d’intorno alla cognizione delle perturbazioni dell’animo per saperle tranquillare, dicono che le cose insolite, avvenendo allo improviso, con maggior forza commuovono. Perٍ difiniscono la tristezza dell’animo: opinionem recentem, quarti malum, guis sibi adesse putet, perché sia nata d’improviso, non per lo innanzi antiveduta. Ond’è che Teseo in Euripide spesse volte figurava nell’animo suo l’esilio della patria, la morte di parenti e qualunque più doloroso caso, ut si quod ante cogitassem quippiam mihi evenisse, id minus me affligeret. E benché per altra cagione Posidonio riprenda la difini- zione degli stoici, non è perٍ che in questa parte con loro non acconsenta: Insueti enirn (dice egli) in terroribus, cegritu- dinibus, cupidítàtibus, voluptatibus magís movenlur. Celia dun- que, che mai non era stata usata a sopportar, anzi né pur anche a pensare ad alcuna, se non leggerissima, passione, ben si dee creder che l’animo suo senza esperienza, sopra- preso allo improviso, fosse debolissimo per sostener cotante e cosi gravi passioni. IV. Conclusione di tutti i passati ragionamenti. — Ormai dunque potrebbe vedersi che l’avvenimento di Celia non è cotanto inverisimile, che il suo favoleggiatore debba perٍ esser creduto d’aver anch’egli con Antifane bergaizzato.