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simo: la timida ed inesperta, che non avea tanto animo, elegge più presto la morte: ... altro rimedio non ha la morte mia che la mia morte. La qual elezione se sia verisímilmente portata o no, ve- dremlo ormai, considerando quai fosser le cagioni che ve la indussero. II. Cagioni principali della morte volontaria. — Tre cagioni principali pare a me di raccogliere, le quali sogliono comunemente rapire i miserelli alla morte volontaria. La prima è la insofferenza del dolore. Perٍ dice Aristotale che Chirone, non potendo sopportar il dolore della ferita avvelenata, egli ch’era immortale, chiese per grazia ed impetrٍ dagli dii la morte. La seconda è l’orror della colpa. Per questo Aristotale con Agatone dice che il malvagio, non potendo per le sue colpe aver diletto di se stesso, non puٍ esser di se stesso amico; perٍ cerca di fuggirne; e perché altra strada non c’è per fuggir da se stesso che quest’una della morte, corre alla morte. La terza cagione è la disperazione di potere o conseguir l’effetto o di porre la brama di quel ch’uomo ardentemente desidera. Per questo Mirra, Fedra e mill’altri si diedero la morte. Vero è che niuna di queste cagioni è possente a trarre alla morte volontaria un animo virile e prudente. Non cre- diate già che il dar la morte a se stesso sia qualche ardita o saggia impresa: anzi ch’egli è viltà e debolezza di cuore, cosí determinan costoro che sanno: onde appunto è cosa da donna, poiché alla donna e di fortezza e di prudenza poca parte n’è tocca. Oh che dico io? Ma noi dico io. Aristotale è che il dice: e s’egli ha errato, è degno di scusa, perché non ha vissuto ai nostri tempi in Ferrara. Qui certo, della virtù femminile per altra esperienza altramente ammaestrato, altri sentimenti ne avrebbe avuti. Sono, addunque, cagioni della morte volontaria acerbità di dolore, orror di colpa, disperazion G. BoNARELLi, Filli di Sciro. 16