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mano era anche in quei tempi segno d’amicizia e di pace, si come il Ficino osserva nel Convivio, e Virgilio là dove in- troduce il re Latino, che dice: Pars mini pacis erit dextram tetigisse tyranni. (Aen., VII, 266). So che anche Plutarco disse: Amicorum copta paru ino- piam; e la ragione l’abbiamo da Aristotale nelle Morali. E so che in somma Aristotale quivi ed altrove, e quanti altri hanno scritto dell’amicizia, tutti mostrano che non si deono aver molti amici: ma altra cosa è il dovere, altra il potere. Niega ben Aristotale che debbano aversi molti amici, per- ché non si puٍ senza travaglio coltivare e goder l’amicizia di molti. Ma io affermo che si possano aver più amanti, e concedo che la impresa è travagliosa. E tale appunto con- vien che sia per indurne Celia a disperazione. Ed altra cosa è il dover aver molti amici, altra è il doverne aver più d’uno. Tutti niegan che se ne debbano aver molti, ma tutti, senza dubbio, concedono non essere inconveniente l’averne più d’uno. Francesco Piccolomini appunto nella stessa difinizione dell’amicizia (ch’egli eruditamente da tutti i miglior filosofi che ne scrivono ha raccolta) ponvi espressamente ch’uno o due veri amici possono aversi. Anzi che lo stesso Aristotale, nell’ottavo dell’Enea al primo e nel primo della Retorica, tra’ beni onesti che concorrono a far l’uomo felice, non uno amico ripone ma la copia degli amici. E perché non si creda ch’ei quivi parli d’amici di buon tempo, soggiugne colui esser amico, il quale il ben dell’amico per cagion dell’amico al- l’amico procura, ch’è il vero carattere della più fina amicizia. Perٍ infin tra’ più barbari sciti non era lecito ad alcuno darsi vanto di felicità, se di due o di tre veri amici non poteva mostrarsi fornito. Ed altrove, presupponendo che si possono aver di molti amici, chiede Aristotale se sia espediente averne molti o pochi, e né pochi né molti conchiude, sed inter pa- rum et mulíum, dic’egli. Di qui dunque potremo in questa