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pur or dall’una or dall’altra parte qualche poco traboccasse, la differenza fosse realmente insensibile. Né meno era neces- sario che la differenza fosse insensibile realmente, ma bastava che non fosse compresa da Celia, si per imperfezione del giu- dicio innamorato, si per inavvertenza, non avendo ella avuto né tempo né agio da considerare e conoscer tutte le qualità, che avrebbono, forse, potuto render l’un dei pastori più che l’altro amabile. Quindi è ch’ella stessa, del suo giudicio non si fidando, quando parla della egualità de’ suoi amanti, non l’afferma, ma dice: Par a questi occhi miei che ? merto loro, là dove ogni altro avanza, pari fra lor s’adegui. (Atto II, se. 2). [VI. — Si confuta l’opinione contraria.] VII. Più soggetti egualmente amabili possono esser egualmente amati. —Questo punto sarà brevissimo, imperoc- ché, se fosse vera l’opinion di coloro, i quali vogliono che presupposti alla volontà due beni, l’un maggiore, l’altro mi- nore, ella non possa elegger se non quello che a lei s’ap- presenta per maggiore, seguirebbe che, essendole proposti due soggetti egualmente amabili, ella non solo potrebbe egualmente amarli, ma non potrebbe non egualmente amarli. Di questo nondimeno abbiamo a trattar nel terzo punto. Qui basta mi si conceda che, dati due soggetti egualmente amabili, possono egualmente esser amati. Ho bene io letto un nobile autor de’ nostri tempi, il quale afferma che se potessero appresen- tarsi ad alcuno due bellezze egualmente amabili, costui non amerebbe né l’una né l’altra, e ’n suo favore n’adduce quel luogo di Dante: Intra due cibi, distanti e moventi d’un modo, prima si morria di fame, che liber uomo l’un recasse ai denti, (Parad., IV).