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vederla fatta una bestia. Credete poi voi, e inteneritevi a quelle dolci paroline, che per introducimento dell’amor suo, della sua pazzia, vi sa dir quel gentile innamorato! «Signora, io v’ho donato il cuore». Grammercé, voi volete donarmi il cuore e tornii il cervello: volete donarmi quel che a me non vai nulla, e volete tormi quello senza di che non vaglio nulla: troppo disavvantaggioso, troppo infelice cambio. Pazzia adunque, e, quel ch’è peggio, contagiosa pazzia è l’amore: pazzi gli amanti: e se ci è chi se ne turbi, se ci è innamo- rato che nieghi d’esser pazzo, questo appunto è della sua pazzia un segno, direbbono i medici, patognomico, un segno infallibile. Ma io non vo’ briga con alcuno: se ci è innamo- rato che si dica d’esser savio, parli con Agatone scolastico. E che dice egli costui? Volete pur ch’io il riferisca? Ei dice che qualunque innamorato si vanta d’esser savio, mente. Io non son uomo da duello: con lui ve la sbrigate. Or non è dunque vana contesa il disputar se debba o non debba alcuna cosa amore, che essendo la stessa pazzia, dubbio non ha che, facendosi lecito ogni cosa, dee pur anch’egli goder la libertà dei pazzi? Ma né meno la possanza d’amor ha da esser posta in quistione, se pur troppo non ci è cosa ch’egli non possa. Amor puٍ far che ? brutto paia bello: il dice Teocrito; anzi puٍ far che quello che par brutto s’ami : il dice il Tasso. Amor puٍ far che gli uomini e le donne amino le fiere: amٍ Pasifae un toro, Semiramide un cavallo, Cares una capra. Amor puٍ far che le fiere amino gli uomini e le donne: un delfino amٍ un fanciullo in Corinto, un’oca una donna can- tatrice in Isparta. Amor puٍ far che gli uomini amino i sassi e che d’amore muoian per li sassi. Alchida amٍ la statua di Cupido; un giovane ateniese mori d’amore per la statua della Fortuna. Insomnia non senza ragione i poeti e i pittori hanno finto che Cupido, ch’è il dio dell’amore, facendo alla lotta con Pane, ch’è il dio della natura, l’abbatta ed il si getti ai piedi, volendo dinotar che amore tutto vince e soprafل la natura. A che dunque dubitare se un solo o più d’uno, ad un tempo o in diversi, egualmente od inegualmente, poco