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48 DONNA VITTORIA


mollezza, posto in non cale le leggi dello stato, credeva vedere in ogni suddito un cospiratore, diffidenza e falli che furono fomiti di reali macchinazioni. Successe a queste il rigore; e se ne incolpava la inflessibilità del Duca di Jork, sebbene stanzionato in Edimburgo. Si accrebbero allora i timori e le angustie della Duchessa che diresse lettere di nuovi lamenti alla Marchesa Davia, aggiugnendole ch’ella sola poteva apportarle qualche conforto. La nostra eroina, non concesse neppure al rapido pensiero di misurare il lungo viaggio. Considerò la triste condizione di chi vive in un regno di continue turbolenze, ove la frode, la prepotenza e la crudeltà vi pongono il seggio; ove spesso scorre sangue innocente; ove sempre è conculcato il debole, negletta la virtù, in ispregio la umanità; ove ogni cuore par si chiuda perfino a quel Dio di pietà, di cui in quel momento sente il giusto sì, ma inesorabile flagello, vibrato per mano dell’uomo. Tutto considera Donna Vittoria, non già per rattenersi, per volare invece a soccorso dell’amata padrona. Un pensiero l’afilisse: ricordò i figli e la provetta suocera; ma si rincorò pensando alla virtù de’ con giunti a cui restavano affidati, non meno che alla ferma difesa, per essi, da qual si fosse attentato, delle sante e benevole leggi che vigevano in questo governo; e forse per la prima volta passò con soddisfazione, come in rassegna, le molte dovizie cui restavan eglino in possesso, e ch’Ella posponeva all’affrontare di mille pericoli, per un’azione generosa.

Vinto ogni tenero affetto la Marchesa si pose in viaggio unita a Don Virgilio Davia, ammiratore dell’alto sentire di sua donna; e passando per Marsiglia nei giorni che un contrordine emanato da Luigi XIV proibiva agli Ugonotti di migrar dalla Francia, furono creduti Protestanti fuggitivi,