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36 MARIANNE SANTINI


straniere favelle che ci rendono famigliari gli oltramontani, che ci portano alle vergini sorgenti di grandi opere dell’umano ingegno, si è ben lodevol cosa; sempre però merita maggior plauso, chi al pari di questa saggia bolognese ( che visse in un secolo, in cui la letteratura non sfioravasi soltanto ) antepose ad ogni altra la lingua del Lazio perchè fu nostra anch’essa, e perchè quivi si hanno gli emuli di Omero in Virgilio, di Tucidide in Tito Livio, e in Cicerone di Demostene, quali nè prima nè poi ebbero eguali.

I dotti scorgendo adunque nelle poesie di Marianne non solo soavità, grazia e maestria, ma concetti non comuni, elevate idee, massime sante, l’ebbero sin d’allora in par ticolare stima, e molta gliene professarono il Zanotti e il Manfredi suoi contemporanei. L’amavano le giovanette com pagne, nulla trovando nel contegno di Lei da ricordarle quanto erano ad essa inferiori; mentre poi richiesta ch’ Ella fosse di schiarimenti o nozioni, comunicavaglieli senza idea di pretesa con quel dolce interesse che riempie il cuore di amicizia quanto le cognizioni abbellano la mente.

Ma se fino ad ora fu esaminata la figlia dei Santini, a cui forse molti non darebbero che lode di singolare intel ligenza e docilità figliale, gli altri pregi che si osserveranno nel differente suo stato, potranno far desiderare si model lino su Lei molte madri di famiglia.

Alessandro Fabri, uomo d’oltre quarant’anni, di animo integro, di spirito colto, di carattere freddo e lento in tutto ciò che non risguardava a’ suoi studi e all’onorevole sua carica di Cancelliere del Senato, si fu lo sposo eletto dai genitori di Marianne a questa giovanetta di diciannove anni, nella quale la non scarsa avvenenza era l’ultimo pregio.

Marianne, che quanto erale indifferente divenir fidanzata, altrettanto desiderava essere saggia, buona, affezionata, e