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134 MEA MATTUGLIANI


sembra, a Michele Mattugliani, o Mattujani, dalla patria onorato come spettavagli (1) e pel proprio merito e pel lustro del casato (2), ella, avvenente e dotta, non poteva essere che distinto ornamento delle danze, delle giostre, dei banchetti con che il I. Giovanni Bentivoglio festeggiava i lieti eventi che spandevano qualche raggio di gioia sulla breve signoria da lui della patria tenuta. Quindi non sa rebbe difficile adottare l’idea di un moderno spiritoso scrittore bolognese, il quale immagina che in tali feste ammirata Mea dal giovane Carlo Cavalcabò ( per mire politiche, dallo zio, signore di Cremona, inviato alla corte Bentivolesca ) di lei ardentemente innamorasse; ma non essendoci dato rintracciare sulle patrie memorie un sol cenno di ciò; lasciando al romanziero l’intessere con vivaci episodi un dilettoso racconto; noi, ligi al vero, salteremo a pie’ pari a tener parola dei versi, che, non preda dell’oblio a cui soggiacquero e i natali, e i primi anni di lei, sotto ogni aspetto caramente la ricordano a tutta Italia qual saggia e illustre matrona.

Carlo Cavalcabo elevavasi nel 1405 a signore de’ Cremonesi, godendosi gli onori che la scelta società suol tributare alla potenza, e lasciando che il popolo si avesse nelle feste che gli offriva un compenso dei vantaggi che questo sogna in tali incontri. A tante felicitazioni gioiva il cuore del nuovo signorotto, mai presago dovesse perdere in breve vita e dominio. Ed anzi, perchè un virtuoso amore non si ammorza per scorrere di tempo o lontananza, an che in si lieto momento ebbe l’animo rivolto alla virtuosa poetessa Bolognese, che si è detto conoscesse alla corte

  1. Ghirardacci 420 - 488.
  2. Dolf. 512.