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XXXVII

(80) A un più antico tentativo di riduzione cattolica del Vangelo di Tommaso allude forse la sticometria di Niceforo, quando parla di un εὐαγγέλιον κατὰ Θωμᾶν di 1300 stichi, cioè due volte più ampio della più lunga redazione greca del nostro apocrifo. — Nella lista delle scritture manichee presso Timoteo presbitero (86, 21) Τὸ κατὰ Θωμᾶν εὐαγγέλιον (n. 9) è distinto da τὰ παιδικὰ τοῦ Κυρίου (n. 13).

(81) Il manoscritto è del VI secolo. Secondo il Peeters (Evangiles apocryphes, Paris, II, p. XVIII) il siriaco non sarebbe già la versione di un originale greco, ma invece «l’originale comune delle redazioni greche e latine». Soltanto, poiché «un testo latino datante forse dal V secolo e tradotto dal siriaco, è un’ipotesi con la quale si è poco familiarizzati..., siamo portati a supporre come intermediaria una traduzione greca distinta dalle recensioni esistenti e più completa». Parecchia luce potrà risultare dal deciframento del palinsesto latino viennese, cui accenniamo appresso.

(82) Uno studio speciale del nostro apocrifo ha pubblicato L. Conrady, Das Thomasevangelium, in «Theol. Studien und Kritiken», 1903, III, PP. 377-459.

(83) In Alcuni Manoscritti, In Luogo Di Queste Lettere, Si Ha Un Prologo In Cui Giacomo, Figliuolo Di Giuseppe, Si Dichiara Autore Del Libro. Le Due Lettere Si Leggono Anche Nel Codice Aremdel Del «vangelo Latino dell’infanzia» pubblicato dal James e di cui si riparla più sotto.

(84) Altri lo crede più antico (V-VI secolo secondo il Lipsius e il Michel), altri ancora più recente (VIII-IX secolo secondo il James). I manoscritti a noi pervenuti sono tutti posteriori al secolo XI. Fu preso a base della celebre poetessa Hrotsvitha, Monaca Sassone († c. 973).

(85) La dipendenza dal Protovangelo potrebbe non essere diretta, ma solo indiretta, mediante cioè qualche altra redazione latina.

(86) Osserva giustamente il Rhodes James, p. 79: «La reale importanza dello Pseudo-Matteo sta non tanto nelle storie che contiene, quanto nel fatto che esso fu il principale veicolo per cui quelle furono conosciute dal Medio Evo, e la principale fonte di ispirazione per gli artisti e poeti dal XII al XV secolo».

(87) Da identificare con l’apocrifo Gelatiano «Liber de nativitate Salvatoris et de Maria vel obstetrice»?

(88) C. f. c. XXV: «If ever there was a Docetic account of the lord’s birth; it is here», ecc.

(89) Nella assimilazione che si fa del bambino alla luce (n. 73) il Lagrange vede semplicemente l’influsso giovanneo, sia pure sovraccarico con «les effusions d’une piété plus ou moins bien inspirée»; e nel mostrarsi del bambino ai pastori ora piccino ora grande, e in altre simili metamorfosi (n. 84), egli trova «des jeux de folk-lore plutôt qu’une conception théologique sur l’enfant».

(90) Vedi il Peeters (Évangiles apocryphes, Paris, 11, 1914).

(91) J. Feller, Catal. codd. mss. biblioth. Paulinae in Acad. Lips. 1866, p. 161.

(92) Vedi Reinsch, Die pseudo-Evangelien von Jesu u. Maria’s Kindheit ecc., p. 7 ss. Cfr. anche L’Evangile de la jeunesse de Notre-Seigneur Jésus-Christ (testo latino con traduzione francese di Catulle Mendès, Paris, 1894), che sarebbe stato ritrovato, non è molto, nella abbazia di san Vol-